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Demurage, detention e port storages: responsabilità dello spedizioniere?

Demurage, detention e port storages: responsabilità dello spedizioniere?

Una sentenza della Corte d’Appello di Genova dello scorso dicembre (n. 1676/2019 pubblicata il 16.12.2019), all’esito di un procedimento in cui il nostro Studio ha vittoriosamente assistito un’azienda di spedizioni in entrambi i gradi di giudizio, ha nuovamente affrontato l’ormai annosa e discussa materia della responsabilità dello spedizioniere in merito agli ingenti costi addebitati dalle compagnie marittime a titolo di “demurrage” e “port storages” per il protrarsi delle soste di container in ambito portuale oltre il periodo di franchigia (free time period) che viene normalmente concesso dalla stessa compagnia. 

Nel caso di specie, rilevando come dalla polizza di carico emessa dalla compagnia marittima risultasse chiaramente l’indicazione del cliente dello spedizioniere quale “shipper” e altresì come dalla documentazione prodotta si evincesse che la scelta di containerizzazione era riferibile esclusivamente al predetto “shipper”, i giudici del gravame hanno quindi dichiarato il difetto di legittimazione passiva dello spedizioniere indicando il cliente di quest’ultimo e “shipper” quale unico passivamente legittimato nei confronti delle pretese della compagnia marittima. 

In particolare, nel motivare la propria decisione, la Corte d’Appello ha richiamato due significative sentenze della nostra Cassazione che si sono espresse in materia. 

Nella prima di esse, datata 4 giugno 2009, n. 12888, la Suprema Corte aveva avuto modo di stabilire che “se il vettore marittimo, al fine di consentire lo stivaggio della merce, concede l’uso di un proprio "container" al caricatore pattuendo un corrispettivo (nella pratica denominato appunto demurrage/controstallia) a lui dovuto fino alla data in cui ne abbia conseguito nuovamente la disponibilità a seguito del ritiro della merce contenutavi da parte del ricevitore nel porto di destinazione, tra le parti – caricatore e vettore - viene in essere un vero e proprio contratto di locazione del “container” (ossia un contratto autonomo e distinto da quello di trasporto, che pertanto permane in capo al caricatore anche nel caso di girata della polizza di carico) e se il destinatario/ricevitore ritarda nel ritirare la merce, l’obbligazione del caricatore di corrispondere il canone di locazione cessa a decorrere dal momento stesso in cui il vettore abbia omesso di dargliene tempestivo avviso, dovendo da allora considerarsi esauriti gli effetti del rapporto locativo”. 

Ancora, nella successiva pronuncia 28 febbraio 2011, n. 4900, la Corte di Cassazione aveva altresì precisato che “il contratto con cui il vettore fornisce al mittente (con conseguente obbligo di restituzione) un container per trasportare la merce configura una vera e propria locazione di bene mobile. La conclusione da parte dello spedizioniere di un tale contratto di locazione non rientra tra le operazioni accessorie che per legge (art. 1737 codice civile) lo spedizioniere è tenuto a compiere personalmente. La conclusione del contratto di locazione dei containers da parte dello spedizioniere è quindi, di norma, un’attività estranea all’oggetto del contratto di spedizione che lo spedizioniere compie in rappresentanza del mittente, sicché il mittente medesimo, e non lo spedizioniere, deve rispondere verso il vettore marittimo della loro ritardata restituzione”.

Ricordiamo, infine, che in un’altra recente decisione in data 27 giugno 2019 sempre in questa materia, il Tribunale Genova ha ulteriormente chiarito che non rileva ai fini dell’attribuzione di una legittimazione passiva a carico dello spedizioniere la circostanza secondo la quale, pur indicando il proprio committente quale “shipper” nella polizza di carico, quest’ultimo avrebbe comunque concluso il “booking” con la compagnia marittima: “nel caso in esame, la legittimazione passiva rispetto alla domanda di condanna al pagamento dei costi per controstallie è in capo al caricatore [...], non essendo emersi univoci elementi per ritenere che il contratto di trasporto sia stato concluso dallo spedizioniere in nome proprio, non potendosi pervenire a questa conclusione né sulla base della mera effettuazione della prenotazione del trasporto né sulla base del fatto che i contatti per l’operativo siano stati intrattenuti direttamente dallo spedizioniere (risultando ciò del tutto compatibile con l’incarico da esso ricevuto di organizzare il trasporto della merce)”. 

 

Enrico Righetti

Gennaio 2020